Quando mia sorella tornò dopo aver vissuto un anno in Canada, nei gloriosi anni ’90, raccontava di un fenomeno che io consideravo favoloso: il dépanneur. Questo mitico dépanneur era un negozietto che vendeva qualunque cosa in dosi ridotte, ad orari inimmaginabili (noi eravamo ancora fermi alle 19,30 come sonno di ogni esercizio commerciale, a parte i ristoranti).
Anni dopo a New York conobbi la gioia di comprare tardi la sera alla bodega e ora la mia vita si organizza per una buona parte intorno alla buutik.
La buutik (evidente storpiatura del francese boutique) è la salvezza per chi, come me, fa la spesa al supermercato ma dimentica sempre qualcosa.
Ma non è solo la mia salvezza: buona parte della famiglie senegalesi non possono permettersi, o semplicemente non hanno l’abitudine, di fare scorte: comprano un pasto per l’altro, una saponetta alla volta, una scatoletta di piselli e un vasetto di maionese, domani sarà il tonno, i pannolini, il panetto di burro.
La buutik in genere apre appena dopo la prima preghiera del mattino (intorno alle 6) e non chiude fino verso le undici o mezzanotte, è aperta il sabato e la domenica, con la pioggia o con il sole; solo il venerdi all’ora della preghiera delle quattordici le serrande restano abbassate un’oretta, fino a che l’Imam libera i fedeli.
La buutik non vende solo assorbenti, scatolette di carne e sigarette, vende anche uova (anche già sode, che è una figata), pane fresco, caffè pronto da bere e poi fa i panini della colazione. Questi meritano un libro di ricette a parte.
In genere il senegalese fa colazione tardi, diciamo le 10 o le 11, preferibilmente con panino piccante e caffé. Alla buutik i panini più gettonati sono maionese-uova sode-salsa piccante, oppure il pentòn (storpiatura del francese pane col tonno) che qui vuol dire 30/40 cm di mezza baguette con un misto di paté di sardine con cipolle crude e una generosa cucchiaiata di salsa incendiaria al peperoncino.
Per i deboli di cuore come me si può avere anche pane e burro o pane e cioccolato o anche pane burro E cioccolato. Cioccolato che è in realtà una crema unta, zuccherosa e solo vagamente imparentata con il gusto del cioccolato, ma che merita, in ogni caso, un posto nella mia lista dei panini preferiti.
I panini vengono preparati all’istante, su un piano di lavoro che viene sommariamente spolverato ogni cinquecento imbottiture e vengono consegnati avviluppati in carta di giornale. (Sorprendente per me ogni volta rendermi conto di come ci si abitua in fretta a degli standard igienici discutibili).
Una stranezza che non ho mai potuto spiegarmi è che i giornali in cui si avvolgono i panini sono sempre stranieri. Il Gazzettino di Brighton, la Sentinella di Buenos Aires, Pavia News. Io so tutto sulle offerte dei discount di parecchi paesi perché alla mia buutik prediligono la free press straniera, che evidentemente si finanzia con i coupons delle offerte speciali.
I panini si bagnano con nescafé già pronto, bello zuccherato (perché, diciamocelo, al Senegalese il diabete non fa paura), o kinkelibà (un infuso di erbe vagamente simile al tè come gusto, ma senza eccitanti).
Alla buutik ci comprate anche zuccherò, caffè, sapone per i piatti, biscotti eccetera tutto in monoporzioni o microporzioni (la limitatezza di mezzi rende possibile spesso solo la soddisfazione del bisogno del momento). Nei momenti di morta è facile vedere il venditore che riempie minuscoli sacchettini di caffè o zucchero e li annoda con destrezza.
Curiosità che ho molto apprezzato in situazioni di emergenza: anche i pannolini sono comprabili uno alla volta.
In Africa da più di dieci anni esiste l’antesignano di Satispay e dove andate a ricaricare il credito? Esatto!
La buutik accanto a casa nostra vende anche ciabatte e calzini; in un’altra mi è capitato di comprarci delle mutandine da bimba e dei sacchetti di patatine da friggere (ma sono solo le buutik di alta gamma che hanno un congelatore).
Questo emporio d’altri tempi non pone limiti all’immaginazione del consumismo, ma ci sono orari nei quali la vendita di alcuni generi (alimentari e non) è sospesa: l’ora del tramonto.
Non si vende sale e soprattutto pepe e peperoncino, non si vendono aghi da cucire né lame e i più stretti non vendono nemmeno il carbone per fare il fuoco (si usa principalmente per fare l’attaya).
Il tramonto (che in wolof si chiama timìs) è l’ora della quarta preghiera della giornata ed è un momento considerato un po’ borderline fra il nostro mondo umano e quello “altro” degli spiriti, quindi, in generale, meglio fare attenzione. Di qui la ragione per evitare di mettere in circolazione oggetti potenzialmente pericolosi.
In ogni caso, senza la buutik non sarebbe possibile il Senegal tout court: sono in ogni angolo del villaggio più lontano nella brousse, sperduto alla fine del mondo. Perché dappertutto in Senegal un uomo, una donna, un bambino ogni mattina si alzano e sanno che andranno alla buutik una volta almeno per ogni pasto.