Paese che vai, usanze che trovi ma la mamma è sempre la mamma. In Senegal capita abbastanza facilmente che ti allevi una donna che non è tua mamma biologica, anche se la tua mamma biologica è viva e vegeta, tu la vedi regolarmente, fa parte della tua vita.

I bambini non crescono necessariamente con i propri genitori naturali per molte ragioni: possono venire mandati al villaggio (da noi si direbbe “al paese”) perché la vita costa sensibilmente meno e perché ci sono più certezze che vengano allevati nel rispetto delle regole religiose; ma possono anche venir “assorbiti” dalla famiglia allargata per peridi più o meno lunghi.

Le donne che allevano bambini, naturali o meno, con patria potestà o meno, sono considerate mamme, spesso ci si rivolge ad una donna adulta chiamandola Maman e non Madame perché si dà per scontato che, di riffa o di raffa, una donna abbia dei figli da tirare su.

I primi tempi che dei trentenni mi si rivolgevano con maman ci restavo di merda (sembravo così vecchia?), ora che ho l’età per essere la madre di un trentenne sono la madre di una piccolenne e non mi da più pensieri essere chiamata maman da chicchessia.

La parola wolof per dire mamma è yaay e viene usata per lo più per indicare la madre biologica, le altre mamme sono maman+il nome di battesimo. La madre biologica, nella cultura senegalese, è colei da cui dipende tutta la tua fortuna, ragione per cui la mamma è idolatrata. Mio marito parla di sua mamma con enorme fatica perché ogni volta che pensa a lei, che ormai non c’è più da tanti anni, gli viene il nodo alla gola e piange.

Molte mamme senegalesi, che Dio le benedica, oltre alla propria discendenza di sangue, allevano o partecipano ad allevare, senza banfare, i figli che il marito ha avuto con altre donne prima e anche durante il loro matrimonio. (Gulp).

E non è inusuale che questi figli, se femmine, portino il nome della moglie tradita. Un modo, inatteso nella nostra cultura, di chiedere scusa e rafforzare il legame moglie-figlio illegittimo. (Gulp. Gulp).

Questo succedeva ancora nel passato recente, oggi in città la pazienza delle mamme si va riducendo, ma al villaggio non è ancora cambiato molto.

Quando è nata Margot le vicine di casa petulanti mi dicevano con insistenza che la sentivano piangere, ogni volta che mi incontravano dicevano “oddio come piange quella bambina lì, povera mamma!”, e io mi incacchiavo.

Ogni giorno tornavo a casa e dicevo a mio marito quanto mi stavano sulle balle quelle megere, finché un giorno lui mi ha spiegato che commentare sulla quantità di lacrime e grida prodotti dai bambini è un modo obliquo di celebrare la mamma, perché si suca tutto senza lamentarsi. Ed è sempre un’altra mamma a dirlo, è come un codice per dire stai su di morale, è un tormento ma poi avrai gratitudine (e pensione).

Il Senegal è ancora un paese in cui avere figli, per le donne soprattutto, è imprescindibile. La pressione sociale è enorme e un figlio solo non è abbastanza.

Argomenti come il controllo della natalità sono delicati, ogni figlio è mandato da Dio (non è sempre un dono, però), un matrimonio senza eredi chiama, nella maggior parte dei casi, in soccorso una seconda moglie (l’incubo di ogni moglie bianca senza figli).

Ancora più stranamente per noi, non è impensabile che una coppia decida di affidare per la vita un nuovo nato ad una donna della famiglia senza figli (mantenendo la patria potestà giuridica senza mai esercitarla di fatto). E’ un gesto di generosità per alleviarle una pressione e di certo non è considerato abbandono di minore.

Anche il Senegal sta cambiando, le famiglie numerose diventano un po’ meno numerose, entrambi i genitori lavorano, gli aiuti a casa costano e non si vive più tutti nella stessa casa, quindi non ci sono nonne che babysittano un manipolo di nipoti, ma la differenza fra una donna e una mamma è ancora di là da venire.