Questo weekend che viene è la festa della Tabaski. Tabaski è il nome che i Senegalesi danno alla festa dell’Aid el Kebir, la festa del montone. In onore del supremo sacrificio che Abramo fu pronto a sopportare, uccidendo suo figlio perché Dio glielo chiedeva, i Musulmani oggi sacrificano un montone.
Come tutte le feste comandate dappertutto, viene con il suo carico di attese (in genere disattese), spese, gioie e dolori.
I montoni costano carissimi (in media due terzi di uno stipendio medio, ma possono arrivare a dieci volte tanto), molte famiglie si indebitano perché ancora oggi è inimmaginabile dribblare il sacrificio. In parte è una genuina ragione religiosa, in parte è una questione sociale: nessuno vuole farsi vedere disubbidiente o fasi giudicare un poveretto senza mezzi.
I montoni della Tabaski vengono venduti per strada, un po’ dove capita. Ovunque ci sia uno spiazzo, un’ansa naturale nell’asfalto, negli spartitraffico sabbiosi, sotto i ponti dell’autostrada, un mese prima della festa si installano nottetempo dei pastori con i gregge. Dormono con gli animali sotto delle tende rabberciate.
A dire il vero, però, dormono poco perché, se di giorno si viene a fare “window shopping” per trovare il montone più bianco e perfetto, è però di notte che avvengono le vere negoziazioni.
In generale, i Senegalesi preferiscono la notte per svolgere molte delle attività necessarie alla sopravvivenza e specialmente quelle che implicano transazioni di denaro e spostamento di merci e beni. Meno occhi ti vedono acquistare, transare, spostare meglio è.
Nel mese prima della festa non è raro, la mattina di un giorno qualsiasi, udire belati mai intesi prima: il vicino la notte ha comprato uno o più ovini sacrificali e li ha portati in terrazza con il favore delle tenebre. All’inizio io domandavo ai vicini come mai ‘sti belati e tutti guardavano in basso imbarazzati come se avessi chiesto loro se avessero già fatto la cacca stamattina.
La scelta del montone si fa in base a tutta una lista di criteri: dimensione, assenza di difetti visibili, bianchezza del pelo, regolarità della spirale delle corna. Tutte cose che, insieme, non puoi avere per un budget ragionevole.
Il momento dell’acquisto viene rimandato il più possibile, nella speranza di trovare una bestia più vicina alla perfezione e a buon mercato, ma i prezzi lievitano di giorno in giorno e l’ultima notte prima della festa si verifica un cortocircuito: i venditori sanno che i compratori hanno l’acqua alla gola e sono pronti a tutto, ma anche i compratori sanno che il montone che oggi vale tanto, domani, dopo la festa, non vale nemmeno la metà. Un duello all’ultimo sangue che vince chi sa bluffare meglio.
L’acquisto del montone (ma anche più di uno, se i mezzi lo permettono) è compito dell’uomo, ma non crediate che nel frattempo le donne siano rimaste a casa a fare pettegolezzi.
Settimane prima della festa la frase preferita per iniziare una conversazione è “allora, stiamo preparando la festa?”. In questa fase di preparazione le donne scelgono i fornitori dei cibi e dei condimenti. Ce ne sono che comprano le olive per guarnire a 30 km da casa, perché costano meno.
Trovare le migliori patate e l’insalata più croccante per cinquanta persone richiede capacità di osservazione ed esperienza culinaria che io non possiedo, quindi nessuna cognata mi ha mai chiesto di partecipare alla preparazione.
La Tabaski è l’equivalente di Natale, di Thanksgiving, del capodanno cinese: due terzi del paese si muove per raggiungere la famiglia di origine; e lo fa su mezzi di trasporto svariati ma per lo più in condizioni tragiche, e su delle arterie di comunicazione esauste (negli ultimi anni va meglio con la costruzione di una rete autostradale).
Viaggiano le persone e viaggiano i montoni, stipati alla bell’e meglio nel baule o sul portapacchi. (Si, portapacchi). Se si viaggia in auto non ci stanno più di due montoni per mezzo di trasporto, ma il portapacchi di un autobus è poco più piccolo di un DC9! I montoni viaggiano legati, schiacciati, terrorizzati, a rotta di collo per ore (a volte più di una decina).
All’arrivo la conta spesso ha discrepanze con la partenza e in questo caso è una tragedia. Una bestia morta non può essere sacrificata, ovviamente, ma non può nemmeno venir mangiata (non è macellata Halal). L’onore del sacrificio se ne va in fumo ma resta, e ben pesante, l’onere del debito contratto per pagare il montone.
Altro grande must della Tabaski è il vestito (tradizionale) nuovo. I sarti durante le settimane pre-festa non dormono la notte, il rumore delle macchine da cucire giù in strada diventa una specie di rumore bianco di cui ci si accorge la mattina della festa, quando non c’è più.
Normalmente i Senegalesi tendono a promettere molto di più di quello che in realtà possono fare e i sarti in periodo pre-festa vogliono fare felici tutti: prendono comande per cinque/sei volte di più e poi la mattina della festa si confessano inadempienti, con grandi inchini di scusa.
Ad ogni banchetto ovino a cui ho partecipato negli anni, ho rilevato che una delle conversazioni più diffuse fra le donne è come quest’anno il sarto non abbia fatto in tempo e la signora sia stata costretta ad indossare un abito già visto. Le altre la rassicurano, ma si sente il respiro di sollievo per non essere nei suoi panni (vecchi!).
La Tabaski nonostante lo stress, le spese, le angosce, le mancate consegne resta LA festa del Musulmani, ovunque, anche perché capita il terzo giorno del Pellegrinaggio alla Mecca (che dura cinque o sei giorni), dopo che i pellegrini sono stati sulla collina dalla quale il Profeta ha pronunciato il suo primo discorso. Grado simbolico: millemila.
Una delle cose che mi riconcilia con l’idea del sacrificio è che il montone viene rigorosamente condiviso con i meno fortunati. Il primo round di cucina è per la casa, ma dopo pranzo vedrete donne e bambini uscire di casa con grandi piattoni che vengono portati alle famiglie in ristrettezze oppure alla Moschea del quartiere.
A volte il montone viene anche semplicemente regalato, ancora da cuocere, in segno di apprezzamento e rispetto (a coloro che abbiano un frigo/congelatore, che non è scontato). A noi è successo di ricevere in dono dei cosciotti inattesi, e adesso ho imparato a tenere uno scomparto vuoto nel congelatore.
Un’altra cosa che mi ha fatto molto riflettere è che, certo, la Tabaski è una festa prima di tutto musulmana, ma è vissuta in realtà anche dai cristiani. Mio marito ha un amico cristiano che è cresciuto nel loro quartiere (che ha una forte presenza di cristiani di Capo Verde), il quale è emigrato negli Stati Uniti da moltissimi anni e che, ogni anno, prende le vacanze in occasione della Tabaski per venire a festeggiare nel quartiere (e farsi ogni anno un abito nuovo più bello dell’anno prima). Dice che la vera festa per i Senegalesi è la Tabaski, non importa di quale religione sei.
Chissà che non ci sia qualcosa da imparare?